sabato 18 settembre 2010

Sinistra o Destra...?


Domani in Svezia ci sono le elezioni politiche. L’attuale primo ministro Fredrik Reinfeldt, a capo dell’Alleanza – la coalizione di centrodestra – sfida la leader dell’opposizione e dei socialdemocratici Mona Sahlin. Stando agli ultimi sondaggi, la coalizione guidata da Reinfeldt è in vantaggio di otto punti sulla Sahlin e potrebbe dunque mantenere la maggioranza in parlamento.

Subito dopo i primi segnali della crisi economica iniziata nel 2008, gli analisti politici avevano ipotizzato un progressivo sgretolamento della coalizione, ma così non è accaduto. Reinfeldt è riuscito a mantenere unita l’Alleanza e ora si appresta a vincere le elezioni con un buon distacco dal centrosinistra.

Il più grande aiuto per il governo è stato l’economia. Trattandosi di un mercato aperto (metà del prodotto interno lordo è legato in qualche modo al commercio estero), la Svezia è stata duramente colpita dalla recessione lo scorso anno. Ma quest’anno è tornata in sella. Nel 2010 il PIL crescerà più velocemente di qualsiasi altro paese occidentale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Il bilancio sarà in surplus. La Banca centrale ha anche iniziato ad aumentare i tassi di interesse.

Secondo gli analisti, la strada per l’Alleanza sembra essere spianata, ma i socialdemocratici dovrebbero comunque guardarsi anche dai Democratici Svedesi, il partito nazionalista contro l’immigrazione che potrebbe guadagnare seggi e spazi nel parlamento. Il partito è dato al 5,4%, ma entrambe le coalizioni si sono ripromesse di non accettarne il sostegno e, nel peggiore degli scenari, creare un governo di minoranza.

Intanto sulla scena politica prende sempre più forza la figura di Jimmi Akesson (vedi foto).Trentuno anni, capelli scuri e impomatati, occhiali da vista all’ultima moda. L’estrema destra in Svezia non si presenta sotto forma di un vichingo biondo e slavato ma nei panni di Jimmi con faccia da bravo ragazzo, classe 1979, da cinque anni leader dei Democratici di Svezia (SD), il partito di estrema destra che si appresta a varcare la soglia del 4% alle elezioni di domenica e fare il suo ingresso storico nel parlamento di un Paese la cui scena politica è stata dominata per quasi ottant’anni dai socialdemocratici.

Questi ultimi potrebbero addirittura realizzare il loro peggior risultato elettorale negli ultimi 100 anni. Così, il giovane leader che di recente ha dichiarato che «l’Islam è la più grande minaccia straniera per la Svezia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale» potrebbe diventare l’ago della bilancia nel governo di un paese composto per il 14% da immigrati di origine irachena, polacca, slava.

Negli ultimi giorni di campagna elettorale sia Reinfeldt che Sahlin hanno categoricamente escluso una collaborazione con il partito di estrema destra («non li toccherei neanche con le pinze», ha detto il premier uscente) mettendo in guardia gli elettori sui pericoli di un successo di SD. Ma intanto, Akesson ha già cominciato a gongolare: «per il semplice fatto di trovarci in parlamento, li spaventeremo e li costringeremo ad adattarsi. Vogliamo essere i giullari di corte così che gli altri partiti adottino le nostre politiche», soprattutto in fatto di immigrazione. E di welfare. Anche su questo infatti l’estrema destra ha puntato la sua campagna elettorale, in uno stato che del suo stato sociale ha fatto un motivo di vanto in tutto il mondo. L’immigrazione di massa sta corrodendo il nostro welfare, urlava ieri Akesson in un comizio davanti a poche decine di sostenitori circondati da 200 poliziotti e centinaia di contestatori che protestavano al suono delle ‘vuvuzelas’. «La nostra priorità è chiara, ripristinare lo stato sociale svedese».
Nello stesso momento, da un’altra parte della città, il ministro delle Finanze Anders Borg chiedeva agli attivisti di centro-destra di «pregare gli elettori, per il bene della Svezia, di non votare SD». Sullo sfondo di elezioni difficili, un Paese che ha fatto registrare una ripresa economica tra le più forti in Europa e uno stato delle finanze pubbliche tra i più sani dell’Ue. Risultati che però, sottolinea l’opposizione socialdemocratica, hanno comportato grossi tagli alle tasse e, di conseguenza, al famoso welfare ‘dalla culla alla tomba’.

(vedremo domani...)

domenica 12 settembre 2010

Våld mot kvinnor en folkhälsofråga.

Il post: Un triste primato della Svezia. Ha destato non poche perplessità in un gruppo di ”maschietti” italiani i quali fanno parte di una associazione (da loro fondata) che sembra fatta apposta per odiare le donne i quali invece di consultare un medico possibilmente specializzato in psycatria hanno ritenuto più opportuno fare qualche commento rivolto verso la mia persona (il più simpatico mi ha dato dello scemo…) naturalmente essendo tutti anonimi e quindi non degni di risposta sono tutti finiti nel posto a loro più congeniale;
la spazzatura o monnezza come si dice dalle mie parti. Ho comunque ritenuto opportuno di scrivere un post Nr2 per mettere qualche puntino sulle (i) riguardo la situazione delle donne in Svezia, ma andiamo per gradi e iniziamo a conoscere chi è Maria Carlshamre:

Maria, (vedi foto) è una giornalista svedese la quale conduceva un popolare talk show, un bel giorno decide di raccontare cosa succede nell`ambito delle sue pareti domestiche. I responsabili della rete televisiva dove lavorava avevano tentato di tutto per farla tacere. Il suo boss l’aveva messa in guardia: l’argomento è off-limits, lascia perdere. Lei, 48 anni e da un decennio costretta a subire violenze dall’uomo che amava, non ha ascoltato. E un giorno ha deciso di fissare la telecamera e ha iniziato a parlare, in diretta: «Volete sapere che faccia ha una donna che è stata picchiata? Eccola. Mio marito abusa di me da più di dieci anni». La direzione l’ha licenziata.

Poi sono arrivate le prime e-mail, le telefonate. «Anche il mio uomo mi riempie di botte». «Mi ha stuprato, ma nessuno mi crederebbe». La cortina di silenzio e vergogna iniziava a lacerarsi. Non siamo in Arabia Saudita, dove la bellissima anchor-woman Rania al-Baz aveva trovato il coraggio di mostrare ai fotografi la devastazione del suo volto, le 13 fratture che avevano cancellato quell’ovale perfetto incorniciato dallo chador. Ai colleghi giornalisti aveva raccontato il pestaggio subito dal marito: «Voglio usare quello che mi è successo perché si cominci a parlare della violenza sulle donne nel nostro Paese». L’altra donna, quella che ha rivelato in tv il suo dramma, può darsi che conoscesse la storia di Rania. Del resto, sono molte le affinità che le uniscono. Maria Carlshamre è anch’essa una giornalista, ha pure lei occhi scuri e capelli neri. Ma è svedese. Vive, cioè, in un Paese dove la parità dei sessi ha smesso da decenni di essere un’utopia, dove i posti nelle stanze dei bottoni si dividono tra quote «azzurre» e «rosa», e l’ipotesi di dar vita a un partito «femminista» piace a un elettore su cinque.

Oggi il Paese dell’uguaglianza ha scoperto di essere il Paese delle urla nel silenzio. «La violenza contro le donne è aumentata negli ultimi due anni. Quella commessa da uomini che hanno un legame affettivo con le vittime è altamente sottostimata. Solo il 15-25% sporge denuncia». Una condanna senza appello, pronunciata un anno fa da Amnesty International, impegnata nella campagna mondiale Svaw ( Stop Violence Against Women ): «È il fallimento di un sistema». Intendiamoci, i mariti o i fidanzati svedesi non sono più violenti dei loro omologhi italiani, spagnoli o americani. Il problema sta nelle donne. Nella loro vergogna. Nelle loro bocche sigillate. Gli episodi di violenza sono aumentati a un ritmo vertiginoso:? 140% tra 1980 e 2000, dati ufficiali. Ma è il sommerso a fare la differenza. Come ovunque. Solo che qui, appunto, siamo nel regno dell’equità. E soprattutto della privacy: insieme alla leadership nella tutela dei diritti «rosa», essa è stata per decenni il «lenzuolo bagnato» che celava drammi laceranti, accusa Eva Hassel Calais, tra i coordinatori nazionali, in Svezia, dei centri per donne maltrattate.

C’è voluto un anno, in Svezia, perché il private matter diventasse pubblico, in un doloroso processo di autocoscienza. Gudrun Schyman, deputato di sinistra e femminista, ha proposto una «tassa sugli uomini» per pagare le conseguenze di botte e stupri. In novembre il ministro della Giustizia Thomas Bodström dichiarava: «Il silenzio è un tradimento per le vittime degli abusi e un aiuto per gli uomini violenti». Nel 2007 (mi sembra…) il procuratore generale ha annunciato di voler creare un team di 35magistrati specializzati nella violenza contro le donne. A Riad, a luglio, Rania al-Baz ha ritirato la denuncia contro il marito, sfinita da minacce e pressioni. In Svezia, oggi, Maria Carlshamre ammette: «Dobbiamo cambiare l’immagine di noi stessi. Non siamo i campioni del mondo dell’uguaglianza».

(vagabondo)

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.