Lei con pazienza certosina mi ha sempre ascoltato, aiutandomi non poco per la mia sopravvivenza nella sua terra.
Giorni fa dopo una furibonda telefonata con l`ufficio tasse le
ho chiesto con modi poco ortodossi: Sapresti spiegarmi,come mai dopo guasi
mezzo secolo che abito nella tua terra ancora non ho capito niente di te e del
tuo popolo il quale prenderei volentieri a calci in culo ogni volta che mi fa
girare le balle…? Lei con la pazienza tutta scandinava che la distingue da
sempre mi ha risposto:
Caro
Franco, te l`ho spiegato 1000 volte ma tu sei troppo TESTONE ed ostinato per voler capire.
Ed io di
rimando: Allora se non vuoi farlo per me che sono testone, fallo almeno per
tutti quelli che testoni non sono e sognano di abitare in Svezia per poter
vivere felici e cojonati (scusa Moder Svea! “Contenti...”) tutta la vita?
Così Moder Svea
iniziò a raccontare ancora una volta la sua fiaba.
Che tanto fiaba non è:
Esiste un
paese dove gli abeti e le betulle si specchiano nei laghi ghiacciati; dove il
sole non brucia, ma illumina la notte per molti mesi dell'anno e per altri mesi
va in letargo, come l'orso bruno e i tanti animali, piccoli e grandi, che
popolano le sue foreste.
La Svezia è
una signora dai capelli di grano, che cambia vestito ogni stagione; d'estate
indossa il blu dei suoi laghi fatati, d'inverno si veste di grigio, come il cielo
spietato di questa stagione. Il suo profumo è quello dei mille fiori nordici
colorati che inebriano la mente; il muschio incorona la sua testa e tutto di
lei sa di freschezza. Essa è
madre che provvede ai piccoli e agli anziani, non abbandona nessuno e vigila,
attenta, sulle frontiere. D'inverno,
quando le lancette dell'orologio segnano le tre del pomeriggio si accendono i
lampioni e la notte si avvicina, inesorabilmente. Questa lunga notte del nord
che dura tanto ed esercita sull'uomo inerme il suo fascino che, per quanto
cinico sia, non può sfuggire alla metafisica che caratterizza questa terra.
E' come se
l'anima del Vichingo aleggiasse disperato nelle tenebre, perché non trova
risposta alla sua disfatta, né soddisfazione dai suoi discendenti pacifici e
tranquilli. Così, il forestiero, profano ed inesperto, sperimenta la forma
sublime ed assoluta del suo silenzio, in cui persino sentire il proprio cuore
battere e pensare diventa rumoroso. Questo silenzio che fa sì che l'uomo prenda
conoscenza della sua piccolezza di fronte all'immensità e ai rumori sinistri
dell'aurora boreale.
La
solitudine del nord fa perdere il contatto con il resto del mondo e la sua
rumorosa realtà.
Esistono
delle casette di legno tinte di rosso e di bianco con tendine che ornano le
finestre e con dei fiori sui davanzali sperdute nei boschi, sono isolate, eppur
vive, a stretto contatto con la natura e con gli animali che le circondano.
La mia
Svezia sta lì, in disparte, perché ha scelto di essere così. Guarda e vigila il
vecchio continente. Eppure,
secoli fa, anch'essa era una guerriera, aveva invaso la Norvegia, la Finlandia,
la Danimarca, la Lettonia, l'Estonia e una parte della Germania. Imperatrice,
si vestiva di gloria.
Le sue
guerre furono rare, ma quelle poche durarono anni. La guerra contro la
Danimarca durò trent'anni. Fu così che si elesse Regina del Nord.
In questo
paese regna sovrana la democrazia. E' nel sangue del re e della regina.
Gustav VI
Adolf si chiama Bernardotte ed è discendente di un generale di Napoleone; la regina,
Silvia, era una hostess delle Olimpiadi ed è tedesca, vissuta in Brasile.
Non era né
strano, né inconsueto, incontrare il nonno del re per le vie di Stoccolma in
bicicletta. Il vecchio nonno amava l'archeologia e spesso è stato ospite in
Italia nelle vicinanze di Viterbo, dove amava scavare e scoprire i tesori delle
tombe etrusche.
I ministri
svedesi non sono scortati, né ho mai visto macchine di servizio, usano i mezzi
pubblici o vanno a piedi. Non sto farneticando, né è fantasia, ma la pura e
semplice verità. E democratico è anche il popolo. Non si fregia del titolo di
dottore (anche se laureati), almeno che non sia un medico di professione, né
esistono professori o professorini. Sono, siamo, tutti signori.
Il palazzo
reale non sovrasta nessun luogo, nessun muro di cinta né cancelli o
cancelletti, o qualsiasi barriera, che lo separi dalla gente comune. Esso è
situato nella “gamla stan” (città vecchia) e s'affaccia sul lago Mälaren, dove
d'inverno blocchi di ghiaccio sottili, per via delle correnti, scivolano
silenziosi e vengono rotti da un lento rompighiaccio.
Questo è lo
stesso lago che d'estate si popola da cigni, papere e barche a vela di tutte le
dimensioni e colori. Nell'oscurità
dei pomeriggi invernali si possono intravedere le sagome delle chiese gotiche
protestanti i cui campanili, che sovrastano le case, hanno in cima l'eterno
gallo che sembra scrutare l'infinito.
Stoccolma
si estende pigramente intorno al lago, su tanti isolotti che si ricollegano con
ponti e ponticelli.
Ecco il
significato del nome Stockholm: “stock” significa tronco e “holm” significa
isolotto, infatti, la parte vecchia della città, fu costruita su dei tronchi
enormi che sono immersi nelle acque profonde.
La città
che d'inverno dormicchia, d'estate si risveglia: tornano gli uccelli migratori,
rifioriscono i tulipani, le rose selvatiche, i mughetti, le viole e gli alberi
si vestono di verde.
I laghi
sembrano riprendere vita dalle barche traghetti che scivolano silenziosamente
nei canali stretti, costeggiati da alberi che con i loro lunghi rami sembrano
salutare i marinai provetti.
Stoccolma è
una bomboniera, dove d'inverno il silenzio fa da re e la solitudine fa da
regina, ma che d'estate si colora di turisti variopinti e gli svedesi ritornano
a sorridere.
Finora vi
ho descritto un paese da favola, ma il tempo delle favole è passato da un
pezzo. Un paese troppo perfetto per essere reale.
Mi è
costato un po' di fatica scrivere questa ultima parte, perché io mi domando
come faccio a mostrare le parti deboli di un paese che amo, perché sono figlia,
nata dalle sue viscere, ma la mia Svezia vuole essere quella che è stata per
me, senza finzioni o fantasie.
Ci saranno
altre “Svezie” per altri occhi e cuori, per altre esperienze diverse dalle mie.
Ad ognuno la sua verità. Questa è la mia:
Difficile è spiegare a voi italiani quando i bambini, ancora piccoli da scuola elementari, portano le chiavi di casa attaccate al collo da un laccio. Tornano a casa e non trovano nessuno, perché i genitori stanno al lavoro. Devono fare tutto da soli. Crescono fin troppo in fretta, così come i figli d'Italia crescono con “ritardo”. E ancor più difficile è spiegare che questi figli svedesi in età dell'adolescenza escono di casa e vanno a vivere da soli. Senza il sostentamento dei genitori.
Molti sono
figli di genitori divorziati, cresciuti con uno o due “papà” (o mamme) diversi
dai propri. Figli del divorzio, perché se è facile sposarsi in Svezia è
altrettanto facile divorziare: 6 mesi ed è fatta. Almeno così era ai miei
tempi.
Le coppie
preferiscono convivere, perché il valore della famiglia è diverso da quella
italiana.
Come faccio
io a spiegarvi del potere degli assistenti sociale, forte più di quello dei
genitori stessi. Vero è che l'intenzione è per il bene del bambino, ma come
faccio a spiegare a voi queste testuali parole: “Il padre naturale è soltanto
un papà biologico, lo Stato provvederà a tuo figlio”. Parole, queste,
pronunciate da un assistente sociale ad un genitore preoccupato per la sorte di
suo figlio.Questa famosa e perfetta assistenza sociale svedese, che guai se non
ci fosse, però in qualche modo produce solitudine ed abbandono da parte dei
parenti dell'assistito. Conosco anziani che non vedono né sentono per telefono
i propri parenti da anni, muoiono in casa e lo si scopre dopo giorni e giorni,
perché nessuno li aveva cercati.
Rimangono
le lunghe e silenziose passeggiate solitarie di chi ormai ha vissuto. Raramente,
ho visto dei nipoti accompagnare i nonni nel parco.
Come faccio io a spiegare i sentimenti che suscitavano in
me, già negli anni sessanta, quando mi trovavo di fronte a degli enormi
cartelloni per strada, dove erano stampati i nomi delle giovani vittime per
droga? Giovani che erano disposti a qualsiasi cosa pur di ricevere un po' di
illusioni pericolose; giovani abbandonati a se stessi, che già vivono di
assistenza sociale e disillusi dalla vita, perché dalla vita sono stati
sfruttati, con la benedizione di un benessere che porta il cognome di un
malessere sociale.
E, infine, cosa dirvi dell'alto tasso di suicidi degli anni
passati, del profondo mal di vivere?
Il paradiso che non esiste su questa terra, appartiene al
cielo. Forse.
Moder Svea