giovedì 14 novembre 2013

In viaggio verso la Svezia sulle rotte della diaspora siriana.


Le storie di Mohammed, Dana, Safwan e Abod si intersecano sulla direttrice che dall’Italia porta a Stoccolma.
Lampedusa e Milano, per i profughi siriani in fuga dalla guerra, non sono che soste. Il punto di arrivo e il punto di partenza.

Quella in pullman è una delle tante rotte che decidono di intraprendere, il tracciato di una marcia ancora lunga e piena di insidie attraverso i confini sempre più impermeabili dell’Europa di Schengen. Il viaggio non può essere che a tappe. Tragitti brevi, nella speranza che la polizia di confine non salga a bordo. Le soffiate arrivano sui loro cellulari sempre connessi ad internet.

Nei centri d’accoglienza di Milano un tam tam di voci da chi è arrivato fino in Svezia aggiorna su quali passaggi sono più sicuri. L’Austria è off limits: controlli vagone per vagone, treno dopo treno. Ė così che ci si ritrova sulla tratta notturna dei pullman che collegano Milano Lampugnano a Parigi Bercy. Un lancio di dadi, perché se sale la polizia il viaggio finisce, e la Svezia resta solo un sogno. Il regolamento Dublino II parla chiaro: il Paese dell’Unione Europea dove lasci le impronte è il Paese dove devi fare richiesta d’asilo.

Per la gran parte dei profughi, che in Siria erano benestanti e appartenevano alle classi medio alte, l’Italia non è un’opzione preferibile. Un luogo malsicuro, dove il sistema d’accoglienza è al collasso e ha perciò poco da offrire a chi è costretto dalle bombe a pensare di rifarsi una vita lontano da casa. Per loro è chiaro che lasciare le impronte digitali qui significherebbe una permanenza infinita nei Cara (centri di accoglienza per richiedenti asilo ndr) e un labirinto burocratico nel quale veder svanire i risparmi assieme al proprio futuro.

La diaspora siriana si costella così di punti su una mappa. Di storie che raccontano dell’incapacità dell’Europa di rispondere unita ad un’emergenza in atto da ormai due anni. Molte sono storie di fantasmi che solcano l’anticamera delle istituzioni, bloccati nel limbo di burocrazie miopi, come il caso di Mohamed, profugo palestinese prima, e profugo siriano ora, scappato dalle bombe che il regime di Assad ha fatto piovere sui tetti del campo di Yarmouk a Damasco. Attende che la Francia lo inserisca nelle sue pratiche d’accoglienza mentre vede esaurirsi in una clessidra estenuante i giorni del suo visto turistico.

Il viaggio riprende verso Nord, le strade e i destini si dividono. Safwan, 37 anni commerciante di Hama, sale con la moglie e i due figli sul treno diretto a Liegi, in Belgio. Un altro confine, un altro tratto di penna sulla mappa. Il pullman dell’Eurolines, invece, macina chilometri lentamente. Ventisei ore per congiungere Parigi a Malmö. Chi sceglie questa strada fa i suoi conti con la fortuna, 1900 chilometri e quattro confini da superare. Per la strada altre voci si intessono agli esili fili che uniscono i punti della storia di questo viaggio.
Dana esce dalle porte dal centro d’accoglienza del Migrationsverket, l’ufficio immigrazione di Malmö. Ha 18 anni ed è arrivata fino in Svezia con la madre, il fratello e lo zio. Del suo viaggio ha ricordi confusi, le immagini e le persone della sua odissea si sovrappongono. Racconta dei barconi affollati, delle violenze subite a bordo dai passeggeri: «Arrivati in mezzo al mare, la prima cosa che ci hanno chiesto è stato di consegnar loro i nostri cellulari e tutti i soldi». Non ricorda quasi nulla della strada percorsa da Lampedusa fino a qui. Sa solo che ce l’ha fatta e che può ricominciare la sua vita. Vuole studiare ingegneria e ha le idee chiare, come chiare sono le azioni che la Svezia ha messo in atto per accogliere gli esuli siriani.
by:Germana Lavagna.
A parlare sono i numeri, dall’inizio di quest’anno sono circa 11.000 i profughi che hanno chiesto asilo politico in Svezia, a cui si aggiungono i 7.813 siriani arrivati nel 2012, che hanno ottenuto il permesso di soggiorno e che tra cinque anni potranno richiedere la cittadinanza svedese. Sul cellulare arriva un messaggio di Safwan - «Police Saarbrücken» - il viaggio di questa famiglia si ferma in Germania. Lontano dalla Svezia, lontano dall’Italia.



"Aiuto, il mio cane tira"


Ad un anno dal suo arrivo in Svezia, Chicca propone per gli amici cinofili un libro di Turid Rugaas, scrittrice / istruttrice norvegese di amici a quattro zampe, il titolo è tutto un programma; "Aiuto il mio cane tira"
 Un metodo per insegnare al cane, passo dopo passo, a non tirare. Il messaggio caratterizzante è forte e a volte inflessibile: educazione e addestramento "gentile" basati su associazioni positive escludendo quelle negative.

L'istruttrice norvegese nota e richiesta in tutto il mondo per aver descritto e formalizzato i "Calming Signals" - "Segnali Calmanti" nel cane presenta ora il suo "guinzaglio lasco".

Il metodo è spiegato in dettaglio e con molte illustrazioni. E il libro va oltre, con rapidi e precisi cenni all'idea di Turid sul cane e il rapporto con l'uomo oggi. Il guinzaglio lasco diviene così l'indispensabile elemento di una filosofia di vita col cane, e non solo.
"Il mio sogno è vivere in una società in cui i cani siano rispettati e apprezzati per ciò che sono.
Immagino un luogo dove la gente porti a spasso i cani con piacere reciproco: nel traffico cittadino con pettorina e guinzaglio lento, senza guinzaglio al parco, nei boschi e nei campi.

Niente urla e sgridate, ma un'allegra atmosfera d'intesa tra cane e proprietario e una cordiale tolleranza con le altre persone. Nessuno che strattoni o trascini il cane per il collo, al contrario gli è data la possibilitàdi annusare gli odori interessanti e osservare ciò che succede intorno.

Non è un quadro piacevole e rilassante? Io sono convinta che sia possibile realizzarlo. Basterebbe un po' di ragionevolezza e disponibilità a comprendere, e un minimo sforzo."
Sally Askew (Rainbow Pet-dog Training School, Inghilterra) nella prefazione:
"Il messaggio di Turid è molto forte: così semplice e allo stesso tempo così profondo. Il suo approccio è straordinariamente unico. Al momento nessun altro, almeno qui da noi, esprime un atteggiamento simile nei confronti del cane. É un approccio olistico che stimola i proprietari a immaginare il mondo dal punto di vista del cane. 

Turid crede molto nell'insegnamento dell'arte del "guinzaglio lasco". Con grande entusiasmo ci mostra e ci incoraggia ad adottare il suo semplice ma efficace approccio. Come tutte le cose che Turid insegna, un solo semplice strumento produce ben più di un effetto positivo.
Parola di Chicca

PS: Turid Rugaas lavora da più di trent’anni con i cani. Ha fon­dato e dirige il centro di educazione cino­fila "Hagan Hundeskole" in Norvegia nei pressi di Oslo.



Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.