martedì 17 dicembre 2013

Il partito del panettone classico.

Mi schiero anch`io dalla vostra parte, amici del “panettone classico”. Però dobbiamo saperlo: combattiamo una causa disperata. Là dentro, tra le torri cartonate dei supermercati italiani, il panettone è sopraffatto. Si fatica a trovarlo. Lo nascondono con vergogna. La povera creatura è sovrastata da tutte le mutazioni genetiche che i diversi laboratori si sono inventati nel corso degli anni. Ciascuno di noi deve sapere cosa l’aspetta: entrare e chiedere un semplice panettone sta diventando rischioso. L’umanità, lì attorno, reagisce con gli sguardi più sinistri. Clienti e commessi: hanno tutti l’aria di farci sentire dei depravati.

È questo il destino delle cause estreme. Oggigiorno, stare dalla parte del panettone diventa maledettamente più scomodo. Si va incontro all’emarginazione. Alla persecuzione. Chi ancora osi affrontare il parentado con un panettone si espone al disprezzo sicuro: guardalo, si presenta con un panettone e nemmeno si vergogna, non è neppure mandorlato. Ci sono cognate che arrivano al punto di vantarsi del crimine più efferato, per umiliarci: quest’anno proverai, ho comprato un panettone speciale, è come mangiare la colomba.

Una volta quando ancora abitavo in Italia non era così dura. Bastava prendere posizione in un preciso dualismo, schierandosi senza se e senza ma tra panettone e pandoro, come tra mare e montagna, zoccoli e infradito, collant e autoreggenti, Beatles e Rolling Stones, Vespa e Lambretta, spumante e champagne. Era battaglia anche allora, perché i due partiti non si risparmiavano i colpi sotto la cintura: il panettone è una mattonata, il pandoro è snob, il panettone è per gente rude, il pandoro è per gente invertebrata. Il panettone è per i poveri, il pandoro è per i ricchi. Il panettone è roba da uomini, il pandoro è articolo per signorine. E via degenerando.

Adesso festeggiare il Natale con una semplicissima fetta di panettone, con i suoi bravi canditi e la sua bella uvetta, magari dopo una mezz’ora sul calorifero per restituirgli un po’ di vita, ecco, questo semplicissimo rito dell’antichità sta diventando imbarazzante e proibito. A me fa peso, a me i canditi fanno schifo, io preferisco il pandoro: ed è così che si perviene alla scoperta più triste, nessuno ha pensato di portare il panettone. C’è tutto, dal dattero post-moderno con il cuore di tartufo al torrone ricoperto di pistacchio, dal pandoro che sa di veneneziana alla veneziana che sa di melanzana: ma il panettone no, non c’è più verso di trovarne una fetta in giro.

Allora diamoci una mossa. Fossimo anche rimasti in quattro gatti (uno sono io, ne mancano tre), dobbiamo alzare la voce. Giù le mani dal panettone. Diciamo forte e chiaro che per noialtri il panettone è una conquista dell’umanità, e non si capisce perché l’Unesco, tra le tante cretinate messe sotto tutela (ormai mancano solo le natiche di Lady Gaga), non senta il dovere di rendere giustizia al nostro impareggiabile dolce natalizio.
Tomtefar & Tomtemor
Comunque, non importa. Siamo superiori. Facciamo da soli. Per questi giorni di battaglie feroci, militanza dura e senza paura. Non ci presentiamo a nessuna tavolata senza il panettone. No panettone, no party. Party chiari, amicizia lunga. E perché sia chiaro a tutti il nostro orgoglio, propongo da ora in poi di chiamarlo alla Mourinho, senza offesa: si scrive Panett-one, si pronuncia Panett-uan .
 

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.